Ecco com’è stata la mia prima volta in un centro PMA
Anteprima dal mio libro “Aspirante Mamma”
Diversamente fertile
I mesi trascorrevano lentamente e ogni mestruazione era un coltello nel cuore. Erano giorni tristi, pieni di ansia e paura, in cui si alternavano lacrime facili e rabbia.
Perché non riesco a rimanere incinta come tutte le persone normali?
La frustrazione di dover aspettare era diventata insopportabile.
Volevo avere risposte, volevo indagare e capire se c’era qualcosa che non andasse in me. Non volevo più perdere tempo.
Se c’è una cosa che mi caratterizza è proprio l’impazienza nel voler risolvere tutto e subito. In ogni cosa, desidero avere una soluzione immediata per ogni problema, un piano d’azione chiaro per combattere l’ansia, per progredire e non restare inerte. Odio sentirmi impotente. Odio aspettare senza fare nulla.
In quel momento vedevo la vita passare davanti a me, mentre io restavo immobile. Dovevo fare qualcosa.
Prima dello scadere dell’anno, volevo informarmi sulla cosiddetta Procreazione Medicalmente Assistita. Non avevo idea di cosa fosse, dove si trovassero i centri preposti, né se fossero pubblici o privati. Non conoscevo nessuno che si fosse rivolto a queste strutture e non volevo, per nessun motivo, chiedere consiglio ad amici e conoscenti; parlarne avrebbe significato condividere i nostri problemi di fertilità e io desideravo che rimanessero soltanto nostri.
Decisi di fare tutto da sola, come al solito. Mi affidai a Internet e a Google che divennero i miei alleati. Iniziai a fare ricerche e a leggere forum per avere un’idea di cosa fosse la Procreazione Medicalmente Assistita (PMA). Andai nel panico. Non ci capivo nulla, erano tutti acronimi come FIVET, IVF, ICSI, IUI… sembrava ostrogoto. L’unico messaggio chiaro che mi arrivò fu che, avendo superato i 30 anni e avendo forti dolori mestruali con una sospetta diagnosi di endometriosi, le speranze non erano rosee. Il ticchettio dell’orologio biologico rimbombava dentro la mia testa e io mi sentivo intrappolata: non avevo tempo da perdere.
Dopo alcune ricerche, scopro che in Italia esistono centri PMA pubblici, privati e convenzionati. Sul sito del Ministero della Salute trovo un elenco dei centri PMA suddivisi per regione e, pur non sapendo se sia costantemente aggiornato, decido di partire da qui per le mie ricerche preliminari.
Mi armo di telefono ed email e stilo una lista delle strutture più vicine basandomi sui commenti trovati su Internet. I tempi di attesa variano a seconda della fase del percorso e degli esami già effettuati. Faccio un giro di telefonate per avere un’idea delle disponibilità: da due a sei mesi di attesa per il primo colloquio.
Ma stiamo scherzando?
Trovo un centro con tempistiche inferiori al mese, che, per combinazione, è anche quello più vicino a casa. Che botta di fortuna! Prenoto immediatamente e qualche settimana dopo, ci rechiamo alla clinica.
Io e Federico siamo emozionati e carichi di aspettative.
La dottoressa che ci accoglie è tutto tranne che empatica: ci parla come se fossimo veterani della PMA, usando terminologia medica da enciclopedia. Sembra dare per scontato che opteremo per la procreazione assistita, senza nemmeno conoscere i dettagli della nostra situazione. Le faccio notare con gentilezza che siamo del tutto inesperti di questo nuovo mondo, e le chiedo di spiegarci con parole più semplici in cosa consiste il percorso, sottolineando che ancora non sappiamo se questa sarà la strada che decideremo di intraprendere. La ginecologa risponde alle mie domande con tono arrogante e saccente, facendomi sentire una stupida anche solo per aver mostrato dei dubbi al riguardo. Per fortuna, il mio compagno reagisce diversamente a questo modo di fare altezzoso e non si lascia scalfire come me anzi, alla sua mancanza di cortesia, le risponde a tono. Prende in mano la situazione e, in modo deciso, rimette in riga la dottoressa che cambia subito atteggiamento.
«Dato che lei ha superato i trent’anni e sono trascorsi oltre dodici mesi di rapporti mirati senza successo, vi invito a non perdere altro tempo», afferma con tono severo la dottoressa. Ci consegna dei documenti e, tagliando corto, aggiunge: «Questa è la lista degli esami a cui dovrete sottoporvi per valutare la situazione del vostro apparato riproduttivo. Una volta effettuati tutti gli esami, chiamate questo numero per fissare il secondo appuntamento e valuteremo se potrete accedere alla PMA».
Usciamo da quella stanza in silenzio, tenendoci stretti per mano. Federico è arrabbiato, anzi furioso, per la mancanza di empatia della dottoressa. Io sono avvilita. Non parlo, annuisco e basta. Mi è costata un’enorme fatica trattenere le lacrime durante il colloquio e ora non ce la faccio più, esplodo. Federico mi incita a reagire. Sono troppo sensibile. Mi sento difettosa, inutile, insignificante. È colpa mia, è tutta colpa mia! Trentaquattro anni, dodici mesi di ricerche fallite e un apparato riproduttivo che non funziona come dovrebbe: questo è il responso.
Numeri, solo numeri. Io sono un numero.
Mi sento piccola e indifesa, sul punto di crollare da un momento all’altro. Mi sento delusa dal mio corpo fallace e dal mio temperamento troppo poco assertivo.
La nostra unica opzione per diventare genitori sarebbe stata quindi la PMA?
Quante di voi hanno vissuto esperienze simili?
Mi sono sentita sola, difettosa e diversa dalle altre donne durante il mio percorso alla ricerca della gravidanza.
Per elaborare il dolore ho iniziato a scrivere… e proprio mentre scrivevo la mia storia, tra lacrime, speranza, colpi di scena e imprevisti, è arrivato un finale inaspettato..
✨
Ma non voglio svelare altro…😊
Perché… è con tanta emozione voglio presentarvi il mio libro “Aspirante Mamma” 🤩
Un progetto a cui ho lavorato per anni e cha ha lo scopo di rompere il muro del silenzio attorno al tema dell’infertilità, considerato spesso un tabù.
Se vuoi leggerlo e sostenermi in questo grande progetto, trovi tutte le informazioni qui: LIBRO ASPIRANTE MAMMA
Fammi sapere cosa ne pensi ⭐️
Un abbraccio,
Elena