Testimonianza: esperienza di Procreazione Medicalmente Assisitita Eterologa con donazione di ovociti

Curious, del blog sempreattesa, ci racconta la sua esperienza tra IUI, Procreazione Medicalmente Assistita omologa ed eterologa con ovodonazione:

“Quando inizi a pensare di allargare la famiglia, immagini solo momenti felici, magari non di avere un positivo subito, ma nell’arco di pochissimi mesi: del resto, tutte le tue amiche sono rimaste incinte con un battito di ciglia e tu/voi dovrete aspettare solo il tempo necessario per cui le condizioni astrali si allineino, ma non dovrebbe passare molto tempo.

Invece passano le settimane, i cicli ed i mesi e ancora nulla.

Sono andata dalla mia ginecologa dopo circa 6 mesi, più che altro per avere consigli o fare qualche accertamento, visto che avevo preso per anni la pillola.

Sembra tutto ok, così alla soglia di un anno di rapporti mirati, ci viene consigliata la stimolazione blanda con Clomid. Uno, due, tre tentativi falliti, facciamo passare anche l’estate, anche perché nessun esame aveva dato esiti particolari (fatto nel frattempo anche esame delle tube).

Proviamo con un ultimo tentativo, facendo una IUI ed ero molto positiva, visto che il giorno X sarebbe caduto il giorno del compleanno di mio marito. Ed invece di festeggiare, l’ennesimo pianto e ciclo in arrivo.

A quel punto, ho affrontato la Dottoressa un po’ a brutto muso, dopo 2 anni di ricerca, non si era visto nessun cambiamento.
Lei mi parla di un centro di PMA a Monza (noi abitiamo a Roma), con cui lei collabora e può farmi contattare per avere informazioni.

Detto fatto, la mattina dopo ricevo una chiamata dal suddetto Centro (Biogenesi di Monza), e dopo una breve telefonata, mi inviano una mail con la lista delle analisi che dovremmo sottoporgli, per poi decidere come agire. La notte porta consiglio, così già il giorno dopo decidiamo che questa cosa che ci è caduta dal cielo, è un segnale e nel giro di qualche giorno, invio le analisi che abbiamo fatto. Riceviamo una ulteriore mail con gli esami che completeranno il quadro e (trafile di ricette e prescrizioni, file in ospedale e in centri privati per i prelievi) finalmente con l’anno nuovo, inviamo tutto.

Non c’è una diagnosi: siamo una coppia infertile sine causa.

In questa struttura pubblica farò 2 pick-up (facendo a Roma analisi del sangue e monitoraggi follicolari, ed inviando i risultati entro l’ora di pranzo a Monza) e tre transfer (l’ultimo con due embrioni congelati) – il secondo transfer è quello che ci ha dato il nostro primo positivo, ma la gravidanza si è interrotta alla 6 settimana; il terzo transfer è stata una biochimica, quindi beta positive in salita e poi, emorragia e beta in discesa.

La Regione Lazio con il SSN dà l’opportunità di effettuare 3 tentativi in strutture pubbliche (cioè, 3 pick-up), quindi decidiamo di fare l’ultimo a Roma, presso il Policlinico Umberto I, grazie all’intermediazione di una nuova ginecologa che conosco e che conferma un sine causa (“non c’è bisogno di fare altre analisi particolari, ne avete fatte tante”).

Procediamo con la terza stimolazione ovarica e il quarto pick-up: vengono trasferiti due embrioni e anche stavolta, gravidanza biochimica: beta positive e poi, in discesa. Il mio stato d’animo in quel periodo era mal ridotto, ma ne approfittiamo per fare una vacanza e quando torniamo felici e rilassati, ricevo una notizia (bella) che mi manda in tilt: mio fratello e la sua compagna aspettano una bambina.

Decidiamo di prenderci una pausa per l’estate e per pensare al nuovo piano d’azione: dopo anni in cui ne avevo sentito parlare, approdiamo in autunno al Centro Genera – Villa Giulia, una struttura privata a Roma. Chiediamo la visita con uno specifico medico, di cui avevamo sentito parlare e con il quale, 2 amiche, erano rimaste incinta.

Il Dottore va subito al punto, visti tutti gli esami non sembra ci siano impedimenti per questa gravidanza (ho fatto anche una isteroscopia che è risultata negativa), ma ci propone – lo avevamo pensato anche noi – di effettuare una diagnosi pre-impianto dopo aver fatto stimolazione e pick-up, ovvero, una volta inseminati gli ovociti e fatti crescere fino al 5 giorno a stadio di blastocisti, si fanno delle analisi sui cromosomi, come se fosse una amniocentesi, che controlla lo stato di salute delle suddette blastocisti.

Inizio la stimolazione (nel frattempo nasce la nipotina e siamo pieni di gioia), mi sottopongo al pick-up e d 11 ovetti prelevati, arrivano a blastocisti solo 3, ma per noi è già un gran risultato, visto che fino ad ora avevamo trasferito solo embrioni di 3 giorni.

Anche stavolta c’è un periodo di attesa: i test sono lunghi e di mezzo ci sono anche le festività natalizie.

Una mattina, ricevo una telefonata dal Centro e mi crolla il mondo addosso: il mio dottore mi dice che tutte e tre le blastocisti hanno problematiche cromosomiche, quindi non sono compatibili né con un transfer né con la vita. Piango tutta la mattina. Mio marito anche distrutto, ma continuiamo a non perderci d’animo: abbiamo un appuntamento con l’anno nuovo per pensare al nuovo piano d’attacco.

A questo punto, la causa della nostra infertilità è proprio la qualità dei miei ovociti, che non avremmo mai scoperto se non avessimo fatto questa analisi specifica. Per quanto dolorosa la sentenza, per lo meno ora sappiamo qual è il nostro “mostro”. Questo tipo di esame, a Roma si può effettuare solo in strutture private, per questo non ci era stato consigliato nei tentativi precedenti.

In questi anni mi ero interessata a 360° al mondo della Procreazione Assistita, avevo letto della fecondazione eterologa e mi aveva incuriosito conoscere anche le procedure della fecondazione surrogata; ci era capitato di parlarne tra di noi, ma ci eravamo sempre detti “non è una cosa che ora ci tocca, non ci fissiamo e non approfondiamo”, quindi sapevamo l’esistenza dell’eterologa e quando è uscita quella parola dalla bocca del Dottore, non ne siamo rimasti così scossi, nel nostro cuore già avevamo un po’ maturato l’idea di dover pensare all’ovodonazione, dopo quella terribile telefonata di fine dicembre.

Il ginecologo ci ha comunque chiesto di pensare anche ad un’altra eventuale stimolazione, vista la mia età (38 da compiere) e la buona resa di ogni stimolazione, oltre che all’eterologa.

Ci siamo dati tempo per pensare, per capire cosa fosse meglio per noi e tutti i pro e contro della situazione.

E’ stata una decisione presa dal cuore: sono stati anni di sofferenze fisiche e psichiche, tanto impegno economico e di mantenerci sempre ben saldi, senza crollare e con il sorriso, perché comunque stavamo facendo una cosa bella per noi, per la nostra famiglia. Ma proprio no, un’altra stimolazione non ero in grado di affrontarla (anche i costi, per poi pensare ad un dopo), quindi, abbiamo iniziato a vagliare i vari pro e contro di questo piano B.

Innanzi tutto, per comodità saremmo rimasti nella stessa clinica, senza dover affrontare viaggi internazionali, ricominciare con nuovi medici e nuovi esami, insomma, almeno questa era una scelta facile.

All’inizio quando ci guardavamo in faccia con mio marito, lui aveva gli occhi un velati di stanchezza e sconforto; parlando della donazione di gameti come “ultima opportunità” per avere una gravidanza, le ansie si sono accentuate, la paura di non riuscire è normale, e le domande si sono continuate a ripetere: se non ci riuscissimo neanche così? Tra i tanti SE e MA, questa situazione emotiva ci ha spinto come coppia, a sentirci quasi in colpa per non aver provato prima ad allargare la famiglia – parliamo di tempo relativo anche alla nostra età, oltre al tempo che abbiamo “perso”.

Ci siamo documentati, leggendo articoli più o meno medici e cercando di capire chi c’è già passato, come ci si pone davanti a questa scelta. Perché non è solo “cerchiamo di fare un bambino”, ma ci ha continuato a martellare l’idea di questo figlio che viene in parte non al 100% da noi (da me), che magari un domani si farà delle domande, o che magari noi non accetteremo completamente e daremo colpa al suo DNA diverso per le sue marachelle o scatti d’ira; se si ammalerà penseremo che sia colpa della donatrice etc..
E il mio corpo, lo accetterà? Dopo tutto quello che ha passato in questi anni – stimolazioni, aborti, spotting, isteroscopia, stress… saprà prendersi cura di quell’embrione per farlo diventare il nostro bambino? Sembrerà una sciocchezza, ma chiaramente abbiamo pensato anche a questo.
Dovrò pensare alla mia parte psicologica per affrontare questo nuovo percorso, ma avrò bisogno anche di stare bene fisicamente, magari davvero obbligandomi ad andare in palestra o facendo un pò di yoga…

A chi assomiglierà? Ecco, questa è una cosa che un po’ ci ha fatto riflettere, io che “sei uguale a tua madre” e allora pensando mi sono detta “ma è davvero importante? Somiglierà al papà e sarà bellissimo”. Ma poi, può capitare che il bambino possa avere qualche tratto fisico diverso che non gli consenta di identificarsi con la sua famiglia?
Ci abbiamo riflettuto su, così che questo bambino potrà essere nutrito dalla mia pancia e dal mio corpo, nascerà da me e sarà allattato da me; crescendo, formerà il suo carattere osservandoci, copiando i nostri comportamenti ed insegnamenti. Il bambino (qualunque) impara nell’ambiente in cui si muove, secondo i valori inculcati dai genitori, dalla scuola… Saremo noi a “plasmarlo” e a condurlo alla vita.

L’epigenetica, studia il fatto che il nostro vissuto e le nostre esperienze nell’ambiente che ci circonda segnano il nostro materiale genetico: dal momento in cui l’ovulo viene impiantato nell’utero della madre inizia una comunicazione, che è in grado di modificare in parte il genoma del figlio. Ripeto, rispetto a quello che sto leggendo: durante la gravidanza, l’embrione crea un legame fisico e psicoemotivo con la madre.

E poi: dovremmo raccontargli com’è nato? Saremo in grado di gestire un eventuale rifiuto da parte sua, sulla nostra scelta nel metterlo al mondo? Passeremo per degli egoisti perché l’abbiamo cercato e voluto “a tutti i costi”? Sarà un figlio amato, non dico più degli altri, ma così tanto atteso che non potrà mai pensare male di noi come genitori…

Molte di queste domande troveranno risposta solo negli anni e con amore, pazienza, sbagliando, costruendo, sapremo se ci sono piaciute le “ipotetiche risposte”.

Ed ora: abbiamo atteso per mesi i nostri ovociti (abbiamo firmato a febbraio, ma poi sono stati bloccati a causa del Coronavirus) e quando ci hanno chiamato a luglio, il nostro cuore è scoppiato di gioia perché finalmente erano arrivati.

Ad agosto ho iniziato la preparazione endometriale ma ho avuto uno stop; ho ricominciato dopo pochi giorni, con l’arrivo del ciclo e finalmente eravamo pronti.

A settembre c’è stato il nostro transfer, l’attesa delle beta, le mille emozioni legate a questo momento… e quando abbiamo visto l’andamento positivo delle Beta, abbiamo iniziato a crederci.

E la prima ecografia ci ha regalato un bellissimo embrione con il cuoricino pulsante; nella seconda ecografia abbiamo sentito il suo cuore

Quindi, siamo una coppia in attesa. Finalmente, a questa epoca gestazionale, abbiamo iniziato a tirare un sospiro di sollievo e iniziamo a crederci davvero: stiamo pensando al suo nome, a come sistemare la casa in vista di una piccola nursery, a come cambierà la nostra vita…

La strada è ancora lunga… ma per il momento, ci godiamo ogni cosa che incontreremo in questo percorso, sempre sorridendo e cercando di essere sempre noi stessi.”

Non so a te, ma a me è scesa una lacrimuccia leggendo tutto il percorso che hanno fatto questi ragazzi per arrivare a coronare il loro sogno!

Vi faccio i miei migliori auguri per la vostra dolce attesa ❤️

Ps. Potete seguire Curious sul suo blog sempreattesa e sul suo profilo Instagram sempre_attesa.

Spero che questa storia possa in qualche modo aver dato speranza e spunti di riflessioni a coloro che si trovano in una situazione simile.

Un abbraccio,
Elena
Aspirante Mamma