Quanto incide l’aspetto psicologico nell’infertilità?

Quante volte ti è stato detto: “Non pensarci che quando meno te lo aspetti resterai incinta”? Oppure “Prendetevi una vacanza e vedrete che il bambino arriverà”?
Non so tu, ma io ho letteralmente detestato queste frasi fatte!

Quando una coppia sta attraversando problemi di concepimento, l’ultima cosa che vorrebbe sentirsi dire sono consigli semplicistici che sembrano sminuire un problema tutt’altro che banale.

Tuttavia, col senno di poi, vorrei spezzare una lancia a favore di chi in questi anni mi ha consigliato, anche se in malo modo, di rilassarmi e di non focalizzarmi troppo sul problema.. perchè forse, e dico forse, un pochino aveva ragione.

Mi spiego meglio.

L’infertilità ha mille sfaccettature, e può essere causata molteplici fattori, spiegabili o inspiegabili. E’ noto che le cause possano essere di natura biologica, ginecologica, andrologica, ematica, ormonale… ma anche la componente psichica può in qualche modo avere degli effetti sulla nostra fertilità?

Io penso di sì. Ovviamente è solo una mia opinione data dalla mia esperienza personale (qui trovi il racconto del mio concepimento spontaneo dopo 2 PMA fallite), ma posso evincerlo anche dalle storie di ragazze che sono riuscite a coronare il loro sogno dopo tanta fatica.

Per rispondere in modo scientifico ad alcune domande inerenti il rapporto tra psicologia ed infertilità, ho chiesto aiuto ad una esperta in infertilità, PMA e lutto perinatale: la psicologa e psicoterapeuta Giulia Schena.

Se ti interessa l’argomento ti invito a leggere l’intervista perchè troverai risposte tutt’altro che banali.

Intervista alla psicologa Giulia Schena

Quanto incide l’aspetto psicologico nell’infertilità?

“Non esiste una risposta precisa e definitiva a questa domanda, e forse l’unica risposta possibile è che non si può sapere esattamente l’impatto dell’aspetto psicologico sulla fertilità perché non c’è un modo per misurarlo direttamente. 

In generale questo discorso può valere un po’ per tutto il mondo della fertilità e della generatività, anche dal punto di vista medico: la nascita di una nuova vita è un incastrarsi di fattori che da soli non spiegano il mondo della fertilità ma insieme possono trovare un senso. 

Il mondo della psicologia e della medicina, inoltre, sono in continua evoluzione: al momento probabilmente non si hanno risposte che magari saranno invece disponibili tra 10 o 20 anni.

Se identificare quanto incide l’impatto psicologico non è possibile, io credo che si possa invece affermare che il nostro stato emotivo ha tendenzialmente un impatto sul nostro corpo e sul suo funzionamento

Il nostro stato emotivo modifica il nostro assetto ormonale e la risposta del corpo agli eventi e agli stress. La ricerca della gravidanza che tarda a venire, i percorsi di PMA, così come i percorsi di adozione sono sicuramente eventi molto stressanti e quindi se li sommiamo anche ad eventuali altre tematiche personali irrisolte e ad emozioni che non si stanno affrontando, il corpo risponde anche a fronte di questo.

Se le situazioni stressanti favoriscono l’infertilità, allora come mai nei paesi più poveri, dove ci sono guerre e persecuzioni politiche, le donne riescono comunque a rimanere incinte, apparentemente in maniera più semplice rispetto ai paesi industrializzati?

L’essere umano è di fatto un animale, parte di un ecosistema naturale. È possibile ipotizzare che talvolta, nei casi più difficili, la natura prenda il sopravvento attivandosi per garantire la sopravvivenza della specie. Il corpo umano quindi reagisce al fortissimo stato di emergenza mettendo in atto una serie di fattori protettivi per aumentare le nascite, volte ad evitare l’estinzione della specie. 
Ovviamente non si può generalizzare e non è così per tutti, ma è una tendenza che si può verificare. 

Quindi, per tornare ai nostri casi quotidiani, non è raro che stress apparentemente minori come litigi familiari, problemi economici ecc. possano provocare reazioni caratterizzate da gravi stati di ansia, mentre situazioni con comprovato rischio di vita possano attivare reazioni di sopravvivenza straordinarie.

Questa teoria della sopravvivenza potrebbe quindi spiegare il numerosi casi di concepimenti spontanei avvenuti da coppie infertili registrati durante questo periodo di emergenza COVID?

È possibile pensare che lo stato di emergenza abbia avuto un impatto favorevole. Naturalmente neanche in questo caso è possibile una dimostrazione precisa di questa possibilità, ma questa tendenza è sicuramente degna di nota. 

(Qui trovi il post riguardo il boom di concepimenti spontanei avvenuti da coppie con problemi di fertilità in periodo COVID)

Nella tua esperienza professionale, hai avuto casi di risoluzione di problemi di infertilità di coppia a seguito di un percorso di psicoterapia?

Sì, personalmente ho avuto diverse esperienze di coppie che faticavano a concepire un figlio, sia naturalmente che a seguito di diversi percorsi pma legati al non attecchimento (non aborti spontanei), e che dopo aver sbloccato aspetti psicologici irrisolti sono poi riusciti a trovare e portare a termine una gravidanza, naturalmente e con il ciclo successivo di PMA.
Anche in questo caso non posso generalizzare perché si tratta solo di esperienze personali che non possono incidere a livello statistico globale, ma per me si sono rivelate molto indicative.

Quando è consigliabile rivolgersi ad uno psicoterapeuta?

Quando si sta affrontando un percorso PMA o in generale la ricerca di un figlio, non si vive in una bolla, bisogna ricordarsi che non c’è solo questo aspetto nella vita. Spesso quando abbiamo un problema tendiamo a focalizzarci solo su quell’aspetto, lasciando perdere il resto. Lavorare con un terapeuta permette di mantenere uno stato di salute emotiva e di  psicologia relazionale per affrontare meglio ogni ambito della vita, a prescindere che questo permetta o non permetta di avere un figlio.
Ultimo ma non ultimo, bisogna considerare che dopo un lungo periodo di attesa di un figlio, magari dopo varie cure e percorsi di pma, quando finalmente si riesce ad avere una gravidanza, poi quel bambino va cresciuto. Se si arriva da uno stato di salute mentale compromesso da anni di attesa e fatica, non sempre si sarà abbastanza equilibrati da poter affrontare con energia il periodo del post parto. 

Io resto sempre molto sgomenta dal fatto che nel contesto italiano, raramente si includa un percorso psicologico nei percorsi di PMA.

A prescindere dalla fase, che sia quella iniziale in cui si sta indagando per capire cosa ci sia che non vada, che sia la fase delle terapie con scadenze, bombardamenti ormonali, monitoraggi, e prelievi o che sia la fase successiva in cui la gravidanza è arrivata o non arrivata, la figura di uno psicologo, o meglio ancora di uno psicoterapeuta, è una presenza secondo me indispensabile per affrontare tutte le emozioni che questo percorso smuove, sia nell’individuo che nella coppia.
Pur essendo vero che la PMA è molto dispendiosa, credo che l’impatto economico di uno psicoterapeuta non vada ad incidere così tanto nella totalità delle spese, soprattutto se ne consideriamo i benefici, sia a livello di probabilità di concepimento che a livello di contenimento della salute mentale.

Dato che non tutti i percorsi PMA includono un terapeuta, come possiamo trovare un professionista adatto a seguirci in questo ambito così delicato? 

Non tutti gli psicologi hanno la stessa formazione in tutti gli ambiti, anzi. Ogni figura professionale segue un percorso specifico. In particolare nella sfera della perinatalità e del lutto perinatale che include anche l’infertilità, perché chi si rivolge alle cure di procreazione assistita spesso arriva da situazioni di poliabortività precedenti o che si verificano durante il percorso, è necessario aver ottenuto una formazione specifica, altrimenti non si può essere effettivamente essere di supporto.

Come trovare quindi il terapeuta che fa per noi?

1) Chiedere e fare ricerche online, anche sui profili social

2) Leggere il CV (che al giorno d’oggi dovrebbe trovarsi sempre online!) 

3) Informarsi sulla specifica formazione professionale contattando direttamente il professionista: chiedere se ha fatto un master o corsi di formazione in ambito perinatale.
È vero che a volte possono capitare professionisti che tendono a fare i tuttologi, e anche se non hanno una specifica qualifica, millantano di avere competenze in ogni ambito, per questo motivo è importante informarsi prima di affidarsi a qualsiasi professionista.

4) Andare a pelle: anche se il professionista ha tutte le caratteristiche giuste, non dare mai per scontato che sia la persona giusta per noi. Bisogna trovarsi bene, deve crearsi empatia, altrimenti non si va da nessuna parte.
Si può cominciare a fare qualche seduta e se poi non ci si sente compresi e supportati non bisogna avere paura a cambiare psicoterapeuta.

Ringrazio la Dottoressa Giulia Schena per la sua disponibilità e per la sua chiarezza.
Ti consiglio di seguirla sui suoi canali Instagram o Facebook perchè condivide sempre informazioni molto interessanti sul tema della perinatalità.

Per consulenze o richieste di informazioni, questi sono i suoi recapiti:

Sito internet www.psicologaschena.wordpress.com
Email psicologa.schena@gmail.com
Whatsapp è 3423645985

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Un abbraccio e a presto,

Aspirante Mamma